Morgia e i rosa: i polpi, le ovazioni, l’appartenenza: l’intervista

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Ha guidato i rosanero durante una delle più complesse fasi della storia calcistica recente. Ma, fra le mille battaglie vissute sotto la presidenza Ferrara, a cavallo del nuovo secolo ha saputo lasciare il segno. Eccome, se lo ha fatto. Il tecnico Massimo Morgia è anche uno dei grandi “doppi ex” in vista della sfida fra i ragazzi di Pergolizzi ed il Savoia, in calendario per domenica. E la via dell’amarcord è subito tracciata.

Chiuda un attimo gli occhi, e mi dica qual è stato il momento più emozionante della sua esperienza al Palermo.

“Una gara in particolare. La prima. La gente era delusa per la retrocessione in C2 (poi schivata, grazie al ripescaggio, ndr), e allo stadio nell’ultimo periodo si registravano fra i 100 o i 200 paganti. All’esordio giocammo al Velodromo Borsellino. Battemmo la Nocerina (2-0, 6 settembre ’98) e feci esordire tanti giovani, fra cui Armando Perna. Alla fine della gara Roberto Biffi trascinò a centrocampo il presidente Giovanni Ferrara e ben 10mila persone, tutti i tifosi che vennero al Velodromo, lo applaudirono. Vedere Ferrara tanto commosso fu una grandissima gioia”.

È molto affezionato a Ferrara?

“Sì. E’ stato di certo il miglior presidente che abbia mai avuto”.

Però ricorda con piacere anche quel 5-1 contro il Palermo…

“Soprattutto perchè sul piano tecnico fu una partita perfetta. Una di quelle in cui la tua squadra si esprime al 100 per cento. Un calcio veramente bello, la ricordo bene. Far cinque gol a quel Palermo, che poi vinse il campionato, fu una grande soddisfazione”.

Mi dica la verità: quanto le mancano i cannoli o le sfince palermitane?

“Beh, con la massima sincerità le dico che non dimenticherò mai delle grandi mangiate di pesce. Sono un amante del pesce e del mare. Impossibile non menzionare il polpo: quello palermitano sì, che mi manca. Servito intero e tagliato al momento. Ricordo i piattoni e un tocco di pepe prima di iniziare. Uno spettacolo anche quello. Lo mangiavo a Mondello, a Sferracavallo, o anche al porto”.

Cosa significa allenare a Palermo? Tornerebbe?

“Piacerebbe oggi a molti tecnici di serie A o B. A Palermo non conta la categoria, quello che ti dà Palermo tantissime squadre in serie B sognano di dartelo. Su quella panchina vorrebbero stare tutti”.

I rosa hanno già vinto il campionato?

“Se dicessi di sì sarei un non conoscitore di calcio. Ma la squadra è forte, la città è uno spettacolo, e conosco i responsabili Sagramola e Castagnini. Che sono già una garanzia”.

Quanto la città deve essere orgogliosa di una proprietà palermitana?

“Palermo è una città che non deve stare nemmeno in B, ma solo in Serie A. A Zamparini vanno riconosciuti i meriti, ma quel ciclo era ormai finito. Questa rinascita tende a riavvicinare la gente che si era allontanata e ora vede un po’ più di appartenenza. Un bagno di umiltà che non può che far bene a tutti”.

Un po’ come per il suo Palermo…

“Esatto. Io sono un fautore del calcio di una volta, dove le proprietà erano sempre “locali”. Con Ferrara nel mio Palermo c’erano tanti palermitani. E non dimentichiamo anche la dirigenza, con elementi come Zangara o tanti ragazzi come Perna, Lisuzzo, Compagno o Vicari. Questo ha riavvicinato la gente. E Biffi o Sicignano erano ormai diventati palermitani d’adozione”.

Palermo-Savoia: un suo pronostico?

“Assolutamente no. Dico che vincerà lo spettacolo. Quello sicuramente”.

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