Mirri e quel patto con la città per un futuro meno incerto

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La certezza del domani nessuno ce la può avere men che mai il Palermo. Non possiamo neanche cullarci nella lietezza dell’oggi auspicata da Lorenzo il Magnifico nella “Canzona di Bacco” perché la sola assicurazione che le attuali risorse garantiscono la disputa del prossimo campionato non servono ad acuire il dissenso da più parti manifestato. La fredda cronaca della conferenza di ieri, riportata in altri articoli, ci racconta di progetti e sogni a breve termine.

La volontà di costruire una squadra che possa vincere il campionato affidandosi a Filippi denota la convinzione della società che dare continuità al finale di stagione positivo possa essere la base vincente da cui ripartire. La richiesta del tecnico di avere 5 o 6 elementi nuovi, sottolineata dal presidente, può essere letta in un solo modo, cioè che mezza squadra titolare dovrà essere cambiata. Ben venga la scelta societaria dunque purché sia accompagnata da una programmazione ben diversa da quella dello scorso anno.

Non più ritiri improvvisati su strutture che non consentono ad una squadra professionistica il normale percorso di avvicinamento al campionato. Le dichiarazioni di Mirri in merito alla scelta del prossimo ritiro ci rassicurano in tal senso. Dal punto di vista sportivo non nutriamo dubbi pertanto sul fatto che la mediocre stagione appena archiviata non si ripeterà poi chiaramente sarà il campo a dare il responso inappellabile.

LA QUERELLE CON DI PIAZZA

Le incertezze riguardano invece il futuro. Più volte il presidente ha sottolineato come sia stata coraggiosa la decisione sua e di Di Piazza di non volere fare sparire il calcio da questa città ma pur ammettendo che degli errori sono stati fatti e che si può sempre migliorare non ha fatto un mea culpa su alcuni aspetti fondamentali. Pur avendo usato parole al miele nei confronti del socio italo americano non si è però soffermato sui motivi che hanno indotto lo stesso a esercitare il diritto di recesso. Ne ha preso atto ma in cuor suo, ne siamo convinti, sta rimuginando sulle reali motivazioni sapendo bene che questa decisione sarà dolorosa soprattutto da un punto di vista finanziario.

mirri

IL PATTO CON LA CITTÀ

Ci è sembrato ieri proprio Mirri come colui che si ritrova suo malgrado ad essere un uomo solo al comando. Tanto più solo che dove dovrebbe essere coadiuvato trova invece dirigenti che sentendosi chiamati in causa per dare delle spiegazioni, peraltro ad essi non richieste, hanno reazioni nervose che non giovano sicuramente al nuovo clima non divisivo richiesto dal presidente. Il patto con la città non può infatti concretizzarsi se c’è chi ancora si ostina a stare su un piedistallo pensando di essere il “Marchese del grillo” di cinematografica memoria.

Palermo è una città dalle mille contraddizioni ma i palermitani sono semplici da capire. Danno affetto incondizionato ma pretendono rispetto e considerazione. Mirri questo lo sa bene e la sua promessa fuori conferenza di avere un altro tipo di rapporto soprattutto con i media ed i suoi operatori è di fatto una presa di coscienza degli errori sin qui commessi.

DUE ASPETTI SU CUI CONCENTRARSI

Infine consentiteci una considerazione. Mirri non può e non vuole far parte di quei capitani da ricordare per la sola passione e per il coraggio. Tra le righe di un patto da stipulare si legge inequivocabilmente la ricerca di coinvolgimento di altre forze economiche nella nostra città. Di gente più facoltosa di lui ce ne è sicuramente. Il problema è che nella industria calcio non c’è almeno a livello professionistico una sola società che abbia una gestione consorziale e difficilmente questo progetto potrà realizzarsi a Palermo.

È necessario se si vuole garantire un futuro meno incerto al Palermo operare su due strade parallele. Bisogna accrescere l’appetibilità verso nuovi investitori e lo si può fare raggiungendo categorie superiori alla serie C e consolidando il patrimonio della società. Ben venga il centro sportivo che però non garantisce introiti ma si lavori verso una acquisizione dello stadio che invece consentirebbe sicuri ricavi. Non si perda un solo giorno per operare su questi fronti e si faccia tesoro degli errori di questi due anni. Ci si confronti con periodicità e magari con durezza, nel rispetto dei ruoli e delle persone per potere addivenire alla costituzione di un fronte comune che concretizzi quel senso di appartenenza. Solo allora si potrà avverare il sogno di un presidente tifoso, quello di tornare a sorridere e incitare dalla sua amata gradinata.

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