Monopoli conferma: Palermo squadra senza carattere e voglia

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Eppure, il Palermo lo sapeva, perché c’era passato: le motivazioni, nel calcio, molto spesso valgono più dei valori tecnici di una squadra. Bastava ripensare alle prestazioni dei rosanero contro Catania e Catanzaro nelle sfide d’andata. Una squadra ridotta ai minimi termini dai contagi dei covid, che ha recuperato in extremis diversi giocatori, messi in distinta quasi senza essersi allenati da settimane, che in campo riesce a tenere testa alle avversarie sulla carta messe meglio e favorite, puntando proprio sulla forza mentale, sulla grinta, mettendo sul terreno il 110% delle proprie possibilità.

Lo sapevano, i giocatori rosanero; persino Filippi, l’allenatore del Palermo, lo aveva ricordato in conferenza stampa, alla vigilia, per rispondere alle dichiarazioni di fuoco del tecnico del Monopoli, Scienza, costretto in modo “immorale”, aveva detto, a giocare una partita in piena emergenza, sempre per le conseguenze dell’epidemia. Non è comprensibile, quindi, non è giustificabile la prestazione offerta ieri da Pelagotti e compagni. Una partita molle, quasi svogliata, come se avessero vinto prima di giocare, come se ritenessero naturale ottenere il massimo risultato sforzandosi il minimo possibile.

Sembrava di rivedere il derby di andata col Catania, appunto, ma coi rosanero nei panni degli etnei. Certamente, a inizio gara si poteva pur pensare che il Palermo non avesse fretta, volesse “prendere” gli avversari per stanchezza, volesse stanarli dal fortino che avevano eretto nella loro metà campo: prima o poi, le loro energie, ridotti com’erano ai minimi termini, si sarebbero esaurite e il fortino biancoverde sarebbe stato espugnato.
Sembrava, e invece erano soltanto le avvisaglie di una performance scialba e senza nerbo.

DAL VANTAGGIO AL TRACOLLO

Trovato il gol dopo l’unica occasione creata in tutta la partita, col cross di Floriano per Luperini, deviata quasi sulla linea per il calcio d’angolo da cui è poi venuta la deviazione vincente di Somma, il Palermo ha completamente mollato; il controllo della partita è passato ai pugliesi che, nel primo tempo, hanno preso una traversa, per poi dominare nella ripresa e ribaltare il risultato, clamorosamente, ma meritatamente, negli ultimi, folli, cinque minuti.

Grandissima gioia per il Monopoli e i suoi tifosi, mentre quelli del Palermo sono rimasti, prima, increduli, poi è subentrata la rabbia, questa sì comprensibile e giustificata, contro una squadra che ancora una volta ha deluso, ha tradito le aspettative, ha fatto venire voglia di spegnere tv e computer, per come ha giocato per tutti i novanta minuti, pure quando era in vantaggio. E ha fallito l’ennesima opportunità di scalare posizioni in classifica. Vincendo, avrebbe agganciato il Teramo all’ottavo posto e ridotto a due punti il distacco dal Foggia settimo.

Questo per dire che pure il Palermo avrebbe avuto importanti motivazioni da far valere in campo, di fronte a quelle di un Monopoli arrabbiato col mondo e in cerca di punti salvezza. Non può essere ingenuità, inesperienza, come detto nel dopogara, perché è un film visto e rivisto, con Boscaglia prima e ora con Filippi.

LE ASPETTATIVE DI FINE ANNO

Ormai abbiamo capito tutti che l’obiettivo massimo che questa squadra può raggiungere quest’anno è la qualificazione ai play off, ma arrivare almeno al settimo posto consentirebbe di giocare in casa nel primo turno con due risultati a disposizione su tre per andare avanti. Invece, siamo rimasti lì, al nono posto, a masticare amaro, a allungare i motivi di rimpianto. La squadra, certamente, è stata costruita male, gestita peggio, ma non si può dire che, sul piano tecnico, il Monopoli, sconfitto 3-0 all’andata al Barbera, valesse e valga più dei rosanero. “Soltanto”, per modo di dire, ha messo in campo quello che i giocatori di Filippi, ieri, non avevano o non hanno voluto mettere: grinta, cuore, voglia di vincere, di fare uno scatto decisivo verso un sogno promozione che, se poteva essere ancora l’illusione dei più irriducibili ottimisti, ora è proprio un vago fantasma.

Perché nei momenti topici, questa squadra fallisce sempre, quando c’è un esame da passare, si fa sempre trovare impreparata e bocciare senza appello. E a rendere ancora più flebile qualsiasi speranza si è aggiunto anche l’infortunio a Lorenzo Lucca, l’imprevedibile, a inizio stagione, appiglio al quale si erano agganciate le ambizioni di rimonta in classifica, l’uomo da tredici gol, l’attaccante da doppia cifra che invocavano tutti.

SARANITI SVOGLIATO

Senza contare che il suo naturale sostituto è Andrea Saraniti sul quale i tifosi hanno riversato la loro rabbia, ritenendolo il responsabile del ko soprattutto per quel fallo al limite dell’area da cui è nato il pari del Monopoli. Un giudizio ingiusto, esagerato nei toni, per l’attaccante palermitano; certamente, il fallo era evitabile e si è rivelato decisivo, ma i rosanero avevano già rischiato in più occasione di subire gol, avevano lasciato che i pugliesi si attestassero nella trequarti offensiva, e non sono tanti quelli che ieri hanno fatto molto meglio di Saraniti.

Che già non era nelle condizioni psicologiche migliori, prima della partita di ieri, proprio per essere stato scavalcato da Lucca nel ruolo di punta titolare fino a essere dimenticato in panchina da Boscaglia, e che adesso dovrà sostituire un giocatore come Lucca, che stava già facendo breccia a suon di gol nei cuori dei tifosi, nella fase finale della stagione regolare, col fardello di critiche feroci e di insulti inaccettabili e volgari.

SERVE UN ATTEGGIAMENTO DIVERSO

Sempre che l’allenatore decida di rilanciarlo titolare e non opti per altre soluzioni, come Rauti al centro dell’attacco o non rinunci a una vera punta centrale, come a Pagani. Resta tutto da vedere. Ma qualsiasi ragionamento basato sulla tattica che sia più o meno fondato non vale nulla se vai in campo molle, senza la “garra”, senza la voglia di vincere e di rispondere con le prestazioni ancor più che coi risultati ai giudizi sferzanti di una tifoseria sempre più disamorata della squadra e che, se non fosse per quei colori, certamente impiegherebbe diversamente quell’ora e mezza di “bile” e delusione diventata una abitudine con troppo rare eccezioni.

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