Marong in Italia per aiutare la famiglia in Gambia

Una storia commovente, che ci lascia uno scorcio delle vicende incredibili, di speranza e coraggio, intrecciate dietro un pallone.

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Un bambino gambiano che giocava per strada, un bambino con dei sogni, in una terra sfortunata. Buba Marong, che porta nel suo nome il sapore delle sue origini, è diventato un giocatore del Palermo perché cerca di realizzare un fine più grande: aiutare la sua famiglia.

Il giovanissimo Marong.

La carriera di Marong.

Buba stupisce l’allenatore Paolo Calafiore, al provino per la scuola calcio Ribolla. Da lì il ragazzo viene ingaggiato nel Parmonval, successivamente acquisisce il ruolo di titolare fisso nella difesa a tre con il Palermo. Nella posizione di centrale di destra raccoglie ventinove presenze. Si dimostra anche duttile: è marcatore, terzino ed anche centrocampista.

Un sogno: la carriera calcistica per aiutare la famiglia.

Il giovane difensore del Palermo ha affrontato sofferenza, povertà, lutto, paura. Sotto questa prospettiva, vederlo giocare quasi commuove. Si può rivedere nella sua corsa sul campo, quel bambino povero, con una famiglia piena di difficoltà, che sognava.

Un bambino che con zelo non ha smesso di giocare per le strade finché gli osservatori non lo hanno notato: “Sono arrivato in Italia per giocare a calcio. Non so fare altro. Avevo sei anni quando ho iniziato in Gambia giocando per strada a Sanchaba. Stavamo delle ore a giocare. Partite infinite”.

La difficoltà di lavorare lontano da casa.

“Poi una volta – continua Marong – degli osservatori mi hanno notato. Con il passare del tempo ho capito che se volevo pensare davvero al mio futuro sarei dovuto partire per giocare in Italia. La mia famiglia mi manca tantissimo, ma non penso di tornare in Gambia: vorrei che loro fossero qui con me”

Un viaggio di terrore, un barcone, storie che spesso sentiamo passare lontane al telegiornale come un’eco, come se non ci riguardassero. Ma Marong è riuscito ad arrivare in Italia ed ora porta la sua storia incredibile sull’erba del Renzo Barbera: “Ricordi? Cerco di non averne. Non è stato bello, anche se il nostro barcone è rimasto a galla. Mio padre è morto, mia madre si occupa di tutto e quando sono partito le ho detto: se riuscirò a diventare un grande calciatore potrò risolvere tutti i nostri problemi“.

La traversata per arrivare in Italia.

E se la paura che tormenta i mari tra la Sicilia e l’Africa ci appare lontana, sfocata, Marong l’ha vissuta sulla sua pelle. Lo racconta in una intervista su La Repubblica: “Mia madre non voleva: passare dalla Libia fa paura a tutti. Ma le ho detto che dovevo farlo per me e per tutta la famiglia. Già ora riesco a dare una mano a casa ed è una cosa che mi gratifica. Un mio compagno di squadra invece è morto in Libia, in quei campi succede di tutto. Penso sempre a lui. Il ricordo di quello che gli è successo mi torna sempre in mente. Io ho evitato il campo perché appena sono arrivato in Libia ho trovato subito un lavoro”.

La guida di Totò Tedesco.

“A Carini con gli altri ragazzi del centro d’accoglienza – continua il giocatore – giocavamo a calcio. Mi ha visto Totò Tedesco e gli ho chiesto di trovarmi una squadra. Lui mi ha aiutato, mi ha portato da suo fratello Giacomo, ma ho fatto solo due giorni di allenamenti perché non potevo giocare. Gli allenamenti coi rosanero sono molto duri, ma non mi lamento, è questo quello che voglio fare. Vorrei diventare un grande giocatore, come Koulibaly del Napoli”.

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