Un pesce (d’aprile) finito in… Cucina

Mario Oddo intervista Mario Cucina, amministratore del gruppo fb "Insieme per Mondello

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Nel nostro spazio nostalgia, tinteggiato di rosanero, un Mario ne ospita un altro. Mario Cucina, ovviamente grande tifoso del Palermo, molto noto per la sua incessante attività all’interno del Gruppo FB “Insieme per Mondello”, di cui è uno degli amministratori. Lo spazio social raduna diverse realtà che operano nel territorio allo scopo di sensibilizzare le istituzioni sui problemi che assillano Partanna Mondello, Valdesi e Addaura. Stimola l’interesse dei cittadini nell’essere propositivi e partecipativi e anche di tenere viva la memoria del passato. Proposito quest’ultimo che accomuna, sia pure in ambiti diversi, il Gruppo mondelliano a questa rubrica.

Mario Cucina
Mario Cucina

Mario Cucina ci racconta della sua prima volta, anni or sono, allo stadio. Parte da un aneddoto godibile e anche alquanto singolare, ove si consideri che, da che mondo è mondo, sono stati sempre i padri a tenere a bada i bollenti spiriti dei giovani figli e non viceversa.

SCARPE DIEM
Narra Mario come nacque in casa Cucina l’insolita inversione di ruoli: Dovete sapere che mio padre era una vera e propria testa calda. Avendo fatto ritorno a casa più di una volta  senza scarpe, per averle giustamente omaggiate all’arbitro cornuto, mia mamma decise di imporgli la presenza di un figlio, fiduciosa che questo avrebbe agito da deterrente alla sua esuberanza di tifoso. Quella volta, finalmente, toccò a me “accompagnare” mio padre allo stadio, ruolo che fino ad allora aveva brillantemente ricoperto mio fratello Filippo”. 

Capitava infatti che spettatori tra i più focosi erano soliti contestare le decisioni arbitrali non solo mettendo in dubbio ripetutamente e ad altissima voce la fedeltà della moglie del direttore di gara (differenza formale non sostanziale: “cornuto” dalla tribuna, “cuinnutu” dai popolari), ma lanciandogli dagli spalti oggettistica varia. Tipo monete, ombrelli, radioline a transistor, sacchetti di noccioline, ghiaccioli ecc. E a completamento del vasto campionario, appunto le scarpe.

DUE GRANDISSIMI PORTIERI ANZI TRE

Roberto Anzolin


Avevo 8 anni. Ricordo le scale dell’impianto della Favorita, ampie e rette. All’inizio le salimmo in penombra. Alla seconda arrivò il chiarore e alzando lo sguardo vidi una cosa per me meravigliosa: una foto gigante, come mai vista prima, del mitico portiere Roberto Anzolin. Che poi rividi nella Juventus in carne ed ossa da avversario. Ero tanto preso dalla sua grande foto che continuavo a guardarla girandomi in continuazione. Al punto che il mio impatto con la vista del terreno di gioco quasi passò in secondo piano.

Carlo Mattrel

Ci accomodammo in tribuna coperta (io di sicuro comodo sulle gambe di mio padre, mentre lui credo un po’ meno), al suo posto di abbonato lato città, qualche fila sopra il parterre o tribuna inferiore scoperta. Fremevo per vedere Carlo Mattrel portiere che proprio mentre giocava nel Palermo esordì in nazionale (13 Maggio ’62, Belgio vs Italia 1-3, ndr). E potrete immaginare la mia gioia quando lo vidi sbucare dal sottopassaggio. Non sapevo che in formazione a difendere la porta udinese c’era un giovane di belle speranze, tale Dino Zoff”.

COPPO DI FORTUNA

Palermo ’61-’62

Domenica 1° aprile del ’62, il Palermo affronta in casa l’Udinese, gara di ritorno del campionato di A ’61/’62 – continua il Mario –. All’entrata in campo delle squadre, com’era allora usanza scaramantica, inizia un beneaugurante lancio di “coppi” di sale sul campo. Tradizione a cui mio padre non rinunciava mai. Coppo confezionato in carta bianca e in piccola forma cilindrica, in quegli anni ’60 dal costo di 20 lire che scaramanticamente veniva lanciato in campo dai tifosi per scacciare il malocchio dalla squadra.

Sale che poi, ridotto a terra sfuso, veniva raccolto con le mani dai raccattapalle che lo usavano per rinforzare le linee bianche del campo. Mi ricordo – passa quindi a momenti della partita – il boato che seguì al goal del Palermo, accompagnato dai mortaretti gettati sul campo e dagli abbracci tra giocatori. Ricordo la gran festa, ma purtroppo degli ospiti, tra cui uno pelato che a me sembrava vecchissimo. E poi Fernando, continuamente invocato da mio padre, idolo della folla, che in quella partita cambiò ben tre paia di scarpe. Senza però trovare il goal (che in quella stagione però trovò per 10 volte diventando capocannoniere del Palermo, ndr).

UN PESCE (D’APRILE) CHIAMATO UDINESE

Gara casalinga quindi terminata in favore dell’Udinese per 3 a 1. Successive stagioni calcistiche confermarono i friulani come autentica bestia nera del Palermo. Sfortunato Mario che al suo esordio, da piccolo spettatore alla Favorita, fu vittima, calendario alla manodi un beffardo pesce d’aprile a strisce bianco e nere. Ma non fu certamente questo iniziale episodio negativo che fermó la sua carriera di tifoso che anzi proseguì con puntuali presenze alla Favorita, dove ha avuto modo di ammirare numerosi giocatori in maglia rosanero. Ho sempre preferito quelli dotati di molta serietà dentro e fuori dal campo – spiega Cucina -. Faccio tre nomi in ordine cronologico: Mauro Di Cicco, Filippo Furiani ed Eugenio Corini.

CONCLUSIONE

In quell’anno i friulani vinsero alla Favorita. Per la cronaca, anche la rete palermitana fu segnata da un giocatore avversario, autorete di Borelli. Peccato! Si fosse replicato il risultato dell’andata, (vittoria del Palermo a Udine per 1 a 0 con rete al 90′ di Borjesson), del suo debutto di piccolo spettatore alla Favorita Mario Cucina avrebbe conservato un ricordo più dolce.  Giusto giusto la prima volta che ‘u picciriddu è venuto allo stadio ‘u Palermu abbuscò, commentarono i vicini di posto. Crescendo, peró, un merito se l’è conquistato: quello di non aver mai avuto bisogno allo stadio di familiari-controllori.

Pur avendo assistito a più di una partita del Palermo diretta da un arbitro spesso cornuto, mai ha perso l’autocontrollo, mai agitato più di tanto, mai un’intemperanza, mai una domenica in cui Mario, a differenza del suo focoso babbo, dallo stadio si sia ritirato a casa senza scarpe ai piedi.

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