Palermo, la lotta al vertice non sia un modo di dire

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I proverbi sono ormai parte integrante del nostro lessico e si potrebbero tessere conversazioni fatte solo con questa metodologia comunicativa. Applicando questa premessa al girone C della serie C – ed in particolare alle sorti attuali del Palermo – potremmo dire che “se Sparta piange, Atene non ride”, individuando Avellino e Catanzaro come le due città greche in questione. Perché se dalle parti di Viale del fante finora sono piovute aspre critiche (meritatissime) e ovvio che vedere due delle più accreditate dirette concorrenti alla promozione arrancare di pareggio in pareggio dà molto da pensare.

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Il Palermo schierato a centrocampo prima di un match casalingo

“Mal comune mezzo gaudio”? Neanche a parlarne. I rosanero alla luce di un calendario a dir poco scorrevole avrebbero dovuto avere un bottino di punti quasi doppio rispetto all’attuale. Affrontare neopromosse e ripescate nelle prime giornate era un jolly da sfruttare in maniera diversa. Acqua passata, ormai “è inutile piangere sul latte versato”.

Il campionato del Palermo riparte dalla vittoria contro il Campobasso, una vittoria che dà morale, che ha messo in luce il gioiellino Silipo e che, soprattutto, ha dato i tre punti che mancavano dalla prima giornata. Guardare la classifica adesso è prematuro, così com’è prematuro parlare del distacco dalla vetta. Si sa, “il cavallo buono si vede a tiro lungo”, vedremo se il Bari avrà la capacità di trasformarsi nella Ternana di turno.

È vero, dal mercato poteva e forse doveva uscirci qualcosa di più, ma “già che siamo in ballo, balliamo”. I risultati non potranno che essere lo specchio fedele della prestazioni. C’è una città, una tifoseria che si aspetta ben più del laconico settimo posto dello scorso anno: “a buon intenditor, poche parole”.

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