Il Palermo paga cari gli errori in campo e fuori

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Gli errori individuali, nel calcio capitano. Sono quegli elementi, quelle variabili imprevedibili che rendono ancora umano uno sport sempre più spersonalizzato dalle gabbie della tattica imposta da allenatori integralisti, supportati da video analyst che vivisezionano le varie fasi di gioco e che vorrebbero guidare i giocatori come se avessero un joystick in mano.

Gli errori si pagano cari. Lo sa benissimo Alberto Pelagotti che con la sua papera ha contribuito alla sconfitta del Palermo ad Avellino, domenica scorsa. Così come lo sa benissimo Roberto Crivello che, con il suo infortunio, quel rinvio mancato per uno scivolone in area di rigore ha favorito il pareggio della Ternana otto giorni fa.
Nessuno ha intenzione di buttare la croce addosso ai due esperti giocatori rosanero e, per la verità, nessuno lo ha fatto.

Il fatto è che, al di là del ripetersi di errori e infortuni, una pura casualità, il loro peso specifico aumenta a dismisura per il semplice fatto che si rivelano irreparabili. Gli errori individuali che si sommano a quelli di squadra, quelli tattici, i fuorigioco sbagliati, i piazzamenti non corretti, le scoperture in area sugli attaccanti avversari che sono costati, immancabilmente, gol pesanti e, il più delle volte irrecuperabili.

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UNA MACCHINA DIFETTOSA

Perché il Palermo segna poco, anzi pochissimo: 21 gol in tutto, meno di una rete a partita, e addirittura soltanto cinque nelle undici partite giocate fuori casa, quindi meno di mezzo gol di media lontano dal Barbera. È questo il vero male del Palermo, un male incurabile, a quanto pare, almeno per le possibilità della squadra e per le capacità dell’allenatore che, a dispetto delle illusioni dei tifosi e, forse, anche della società, per quanto bravo sia, non fa i miracoli. La barca rosanero fa acqua e Boscaglia non è in grado di trasformarla in vino.

Ci ha provato, Boscaglia, in tutti i modi, con una tale girandola di formazioni, di moduli, da perderci la testa, ma senza riuscire a trovare la formula per garantire una accettabile continuità di risultati. L’unica continuità sono gli errori e i gol subiti, non quelli segnati. Così, cresce il numero di chi chiede la testa di Roberto Boscaglia, diventato il bersaglio numero uno delle critiche e delle contestazioni. E il numero due gli tocca perché al primo posto ci sono, inarrivabili, ex aequo, il presidente Mirri e l’ad del Palermo Rinaldo Sagramola.

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DALLA PADELLA ALLA BRACE

Contro l’allenatore è stato persino coniato un hashtag, il cancelletto che serve da richiamo per attirare i moti di opinione sui social: #boscagliavattene, ricalcando il #wengerout di qualche anno fa dei fan dell’Arsenal stufi del ventennale “regime” dell’allenatore francese, eterno secondo in Premier League.

Un fatto imprevedibile a inizio stagione, quando l’allenatore era ritenuto il vero bomber della squadra costruita per affrontare il primo campionato tra i professionisti del nuovo Palermo targato Hera Hora. Ora è considerato l’artefice del fallimento tecnico del campionato mediocre di un Palermo che ha via via ridimensionato i suoi obiettivi, tra errori, questi sì davvero gravi, di costruzione della squadra, di pianificazione della stagione, di valutazione dell’organico e delle avversarie. E l’inerzia nel mercato di gennaio è stato come perseverare, perciò più grave.

Ora il Palermo è fuori dalla zona playoff. Ma è un dettaglio, lo abbiamo scritto qualche giorno fa. Perché anche centrando l’obiettivo minimo, questa squadra dalle polveri bagnate non sembra avere la minima possibilità nel post season, in quella roulette infernale che sono gli spareggi promozione. Basta guardare il bilancio dei rosanero con le formazioni fino al decimo posto, contro le quali non ha mai vinto, eccezion fatta per la gara d’andata con la Juve Stabia e basta riconsiderare la voce gol segnati. Gli errori si pagano cari, ma non sono quelli in campo a costare di più, a compromettere una stagione.


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