Questa mattina è stato depositato, presso la Procura della Repubblica un esposto nei confronti dell’azienda Almaviva Contact. L’azione intrapresa è a cura dello studio legale Centineo-Casale-Listì Maman e riguarda la situazione che si è venuta a creare nelle ultime settimane all’interno del palazzone di Via Cordova a Palermo, in cui lavorano circa 3000 dipendenti del call center almaviva. All’interno dell’edificio, all’ultimo piano, ci sono, tra l’altro, anche uffici della Corte dei Conti.
La causa dell’esposto, partito dalla segnalazione di un dipendente del call center, è la gestione del personale e dei locali. In buona sostanza l’azienda almaviva non avrebbe ottemperato a tutti gli accorgimenti necessari al fine di preservare la salute e la sicurezza dei suoi dipendenti.
In data 5 marzo, un’operatrice del call center, operante al servizio 119 ma spostata, vista l’emergenza, negli ultimi giorni al servizio 1500, aveva avvertito un malore ed era stata trasportata d’urgenza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Cervello di Palermo. Giunta al nosocomio palermitano, era risultata positiva al coronavirus. Secondo l’esposto, l’azienda, seppur avvisata tempestivamente, non avrebbe provveduto a prendere provvedimenti fino al 15 marzo, giorno in cui si limitava ad informare gli stessi che c’era stato un caso, non accertato, di covid-19 tra i lavoratori del call center.
L’azienda non ha provveduto a controllare i propri dipendenti – si legge nell’esposto – e a garantire agli stessi gli standard minimi di sicurezza. Inoltre – prosegue lo studio legale – non si è preoccupata di assicurare le distanze minime tra i lavoratori, richiedendo addirittura lavoro straordinario, giustificando tale richiesta come “senso di responsabilità nazionale“. A rafforzare la presunta cattiva gestione della situazione, l’esposto degli avvocati evidenzia il comportamento dell’Azienda che, infastidita dai continui invii di certificati medici, che testimoniavano la malattia dei propri dipendenti, avrebbe mandato all’ordine dei medici una segnalazione. In essa invitava l’ordine a vigilare sulla leggerezza con la quale i medici di famiglia refertavano i problemi di salute dei lavoratori.
“Tutto ciò premesso – conclude l’esposto – si chiede alla Procura della Repubblica di Palermo di accertare e valutare se, nei fatti, atti e comportamenti riportati, siano rinvenibili fattispecie penalmente rilevanti. Procedendo, in tal caso, nei confronti dei soggetti responsabili”.
Al momento quello della dipendente C.D., risultata positiva al coronavirus, è l’unico caso accertato. L’azienda, anche se non tempestivamente, ha attivato lo smart working per alcune commesse. Come per esempio il servizio 1500, numero attivato in questi giorni proprio per rispondere a chi ha sintomi da coronavirus. Alcuni lavoratori, entrati in contatto con la contagiata, sono rimasti in quarantena fino al 19 marzo scorso. L’azienda ha provveduto a sanificare i locali. Chi non può lavorare in smart working per ragioni tecniche, ha continuato fino a pochi giorni fa a recarsi a lavoro in via Cordova in attesa di un tablet messo a disposizione da Almaviva. La maggior parte dei lavoratori, al momento, opera da casa o sta usufruendo di ferie e cassa integrazione.
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