“Domenica. Il di che al mattino sorride e sospira al tramonto. È fuori un frastuono di gioco e in casa un sentore di spigo.” Giovanni Pascoli descriveva così la domenica il giorno dedicato da sempre al dolce far niente, al culto della tavolata in famiglia con amici e parenti, al portare bambini al parco o alle giostrine. Domenica, ai tempi nostri dedicata allo sport, alla partita di calcio, alla passeggiata in bicicletta, al cinema al teatro, alla ricca colazione al bar senza la fretta del giorno feriale, del caffè di corsa. La domenica della Messa, del pane caldo del forno di paese, dei dolci delle pasticcerie da consumare in lietezza nel focolare della famiglia.
Oggi è domenica. Ma è una domenica diversa, la prima di chissà quante. La prima dove non si festeggia ma si combatte. Un nemico invisibile, subdolo, cattivo che siamo chiamati a sconfiggere. La Patria ci ha chiamati alle armi. Non quelle conosciute, non carri armati o caccia militari. Dobbiamo andare al fronte, una trincea virtuale che non ha nella lontananza di terre di confine il suo domicilio ma nel recinto delle nostre case. Nessuna pistola, nessun cannone, solo la Forza della nostra volontà per difendere l’Italia, l’Europa, il mondo, da un nemico che non ha divisa né bandiera e per questo più difficile da individuare e da sconfiggere. È domenica, un dì di resistenza e non di festa. Palermo si sveglia senza il vociare dei bimbi, senza l’odore dei suoi dolci alla ricotta, senza il trambusto delle vie del centro affollate di bambini festanti con tra le dita un palloncino da tenere stretto per non farlo volare.
Lottiamo insieme restando a casa, aspettando notizie come un generale dietro la collina. Che il nemico sia vinto, battuto. E torneremo ad uscire a cantare al di là dei balconi, a contare le ore dal fischio di inizio di una partita e aspettare il tramonto facendo la conta delle cose belle della nostra domenica. E torneremo a spargere ” odore di festa, di tela e giaggiolo”.
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